Nel mio lavoro con il paziente vengo aiutato non solo dall’esperienza ma anche dalla passione per il lavoro psicanalitico. Passione che consiste fondamentalmente nell’Ascolto attento alla Storia Personale del mio paziente. Questo approccio che nasce in larga misura dalla disposizione psicologica del terapeuta, oltre che dall’orientamento culturale Junghiano, durante le sedute crea quell’ atmosfera di comprensione e contenimento che aiuta il difficile lavoro del paziente nel narrarsi anche quando deve toccare aspetti dolorosi della sua storia e dei suoi vissuti.
Il mio approccio, analitico Junghiano, mi permette di raggiungere e modificare quelle strutture psichiche profonde che rendono il lavoro psicoterapeutico più incisivo e quindi anche più duraturo nel tempo.
Il significato del sintomo portato alla coscienza attraverso un percorso emotivo e spesso anche razionale è rivissuto affettivamente dal paziente in modo da comprendere il suo significato originale. Il sintomo, quindi, non viene semplicemente affrontato per essere risolto, ma viene riletto nella sua genesi e dotato di senso.
Solo in un secondo tempo il lavoro con il paziente sarà teso ad abbandonare il sintomo come difesa ormai obsoleta, anche se questa seconda fase della terapia sarà più una conseguenza spontanea e naturale che non un lavoro mirato e meccanico sul sintomo stesso.
Tecnicamente il lavoro sarà possibile sia attraverso quelle vie che conducono all’inconscio, descritte dalla psicanalisi classica e che già indicava Freud, e sia con i metodi peculiari della Psicologia Analitica Junghiana.
L’interpretazione dei sogni, secondo la teoria Junghiana che si avvale dell’amplificazione, rappresenterà una via importante alla comprensione della vita inconscia. .
Inoltre sarà dato molto spazio all’aspetto relazionale ritenuto ormai uno degli aspetti di grande importanza in psicodinamica per svelare i meccanismi inconsci della nostra mente.
L’aspetto relazionale che in termini tecnici è definito come analisi del transfert e del contro-transfert, ma che più semplicemente sta ad indicare l’analisi di quella modalità con cui ognuno di noi si relaziona, soprattutto con le figure affettive più arcaiche e significative o con soggetti che ci ricordano parti di esse.
Il lavoro psicologico messo in essere da questo percorso terapeutico è un lavoro che il paziente conduce in prima persona con un impegno che lo rende, seduta dopo seduta, maggiormente consapevole e responsabile.
La cura è finalizzata a far emergere quelle risorse che permetteranno comportamenti e modalità diverse e più mature per affrontare la realtà, con il risultato di far sentire la persona al centro delle proprie scelte e più vicino alle proprie emozioni, come scrive magistralmente Friedrich Salomon Perls:
“Il fine della terapia consiste nel far sì che il paziente non dipenda dagli altri e scopra fin dal primissimo momento che può fare molte cose, molte più cose di quelle che crede di poter fare.“
Il segreto professionale
Garantisco che tutto ciò che mi viene raccontato durante la seduta rimane nella stanza d’analisi.
Lo Psicoterapeuta, per essere credibile, dev’essere in grado di custodire i racconti dei suoi pazienti: infatti, mantenere il segreto professionale è condizione ineludibile per lo svolgimento di una psicoanalisi. L’analisi è disciplina discreta!
Il segreto professionale per lo psicoterapeuta non è solo un obbligo come in altre discipline mediche, ma una condizione mentale necessaria allo svolgimento del lavoro analitico.

